Poesie, Racconti e Traiettorie

12.00

Testo tratto da POESIE, RACCONTI E TRAIETTORIE

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IO. Pronome maledetto. Pesante. Quanta fatica comporta. Quanta sofferenza. Quante cose credute e rivelatesi in seguito false. Sono stanco di essere un frammento. Vorrei non essere presente. Vorrei svuotarmi. Perdermi. Le cose mi accolgono. Gli oggetti si rivelano. Sono gentili, caldi, avvolgenti. Mi immergo. La patina del tempo li rende familiari e riconoscibili. La distanza si annulla, la gabbia si schianta. Sono dentro, ora. Dentro una memoria collettiva che penetra il passato, corregge questo presente imperfetto e mi tratteggia un futuro. Ho creduto molte cose. Ho creduto di essere felice solo dove ci sono le luci accese, le vetrine piene, le tavole apparecchiate, i letti ben fatti e i divani comodi. Ho creduto di essere felice solo dove ci sono gli happy hour con tutta quella gente simpatica che ride, i ritmi sfrenati e i miei cinque minuti di notorietà. Ero un frammento. Questa silenziosa riservata polverosa testimonianza illumina il labirinto. Ho ritrovato la mappa. Il sentiero è chiaro. Ne sarò il custode.

(da “Poesie, Racconti e Traiettorie”, testo di Davide Scibilia)

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Descrizione

Testi: Davide Scibilia

Ma si conosce con certezza ciò che accadde al paese. Nel profondo deserto che era diventato andava senza meta una moltitudine di persone. Tenendosi spesso per mano, altre volte abbracciandosi, quelle persone seguivano i solchi del terreno all’infinito, ognuna con il proprio cartellino di riconoscimento bene in vista. Ognuna con il proprio bagaglio, vuoto. Ognuna portandosi a spasso la propria vita.

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